Giuliana Sgrena e la foto vincitrice del World Press Photo 2012.

Sono interessanti le parole con cui Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto, commenta la foto che quest’anno ha vinto il World Press Photo 2012. Si tratta di un’immagine scattata dal fotografo freelance spagnolo Aranda nello Yemen.

Al di là della bellezza e della intensità dell’immagine, la Sgrena, da conoscitrice del mondo arabo, si domanda se questa foto possa rappresentare le coraggiose donne che hanno animato la Primavera araba. La sua risposta è contenuta nella domanda, è un no deciso, la donna vestita di nero le appare sottomessa all’uomo che soccorre e per questo non può essere  l’icona della Primavera araba.

Nonostante all’inizio sia rimasto quasi meravigliato da queste parole – Ma come! Critica una foto tanto intensa! – poi mi sono fermato a riflettere e sono giunto a conclusioni analoghe. La foto mi piace, è davvero una moderna Pietà dello Yemen e ricorda l’opera vaticana di Michelangelo. Su questo dò ragione a Renata Ferri, la storica photo editor italiana che ha fatto parte quest’anno della giuria del World Press Photo. Tra l’altro non percepisco la donna ritratta di nero da Aranda come sottomessa, come invece sottolinea la Sgrena. Mi sembra un atto di grande umanità semmai accudire un ferito.

Ma concludere che lo scatto di Aranda sintetizzi al meglio i fatti della primavera araba no, questo non lo crediamo. Ci sembra una forzatura. Non c’è nulla che faccia pensare a una rivoluzione. Se vedessimo questa immagine al nudo senza sapere che le è stato assegnato il premio WPP 2012, non penseremmo d’istinto ai moti di piazza in Egitto, Libia o Tunisia.

La giuria del WPP ogni anno ha il difficile compito di scegliere un’immagine simbolo, e nel fare questo si trova certamente a  camminare sulla possibilità di cadere in luoghi comuni o in scelte forzatamente originali. Non è un compito facile. Con tutto quello che accade nel mondo nell’arco di un anno forse sarebbe più opportuno scegliere una cerchia di foto che meglio rappresentano i fatti di quell’anno. Ma lo sappiamo, noi esseri umani siamo attratti dall’idea che in ogni situazione ci debba essere un vincitore, meglio se assoluto.

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