Altaquota: storia del birrificio artigianale più alto d’Italia-1a puntata.

Oggi vogliamo spezzare il ciclo di puntate dedicate alla Calabria per dare spazio a un progetto che abbiamo conosciuto per motivi di lavoro ma che ci ha conquistati sul piano umano.

Parliamo del birrificio artigianale Altaquota, il birrificio più alto d’Italia. Si trova sui monti del Reatino ed è nato da meno di due anni. All’ultimo salone del gusto di Torino ha conquistato tutti. Cosa ci ha colpito di questo  piccolo birrificio artigianale? Il circolo virtuoso che ha saputo creare: al suo interno lavorano alcuni ragazzi afgani rifugiati, l’acqua che viene impiegata per la produzione della birra sgorga purissima da un vicino torrente di montagna, il farro che viene aggiunto al malto proviene per intero da Cittareale, il paese sotto il birrificio.

In tempi di depressione economica è un piccolo esempio di come si possano integrare positivamente la solidarietà, l’attività di impresa, la valorizzazione del territorio e il gusto, creando nuove opportunità e reddito in un’area geografica che fino a pochi anni fa era depressa. Un nostro amico, Giorgio Guglielmino, per professione si occupa di rifugiati, ma per passione scrive e beve birra buona. Ha scritto un articolo su Altaquota e vogliamo condividerlo con voi. Essendo molto fertile la penna dell’amico Giorgio, l’articolo è ricco di spunti e copioso, così lo pubblicheremo in tre puntate.

Una birra per scommessa-1a puntata di Giorgio Guglielmino

Lasciamo la vecchia Salaria in direzione Cittareale, provincia di Rieti. Sfioriamo il paese aggirando la Rocca Sveva, così incombente lungo la strada da impedirci quasi il passaggio. Qualche tornante ed è montagna. Altaquota, il birrificio più alto d’Italia ha sede in una piccola costruzione in muratura a oltre 1.500 metri. Ha una storia breve, meno di due anni di vita, eppure vale la pena di essere raccontata. E’ una storia che mescola la passione per la birra artigianale, l’integrazione di rifugiati afghani nella Valle del Velino, la riscoperta del territorio e la necessità di creare reddito. Un circolo virtuoso che può essere preso a esempio.

Claudio Lorenzini, presidente della cooperativa Il Gabbiano, ha dato vita a questo progetto. Ci viene incontro nel piazzale antistante il birrificio. L’aria pizzica. Claudio ci accompagna all’interno dello stabilimento. Lo spazio è piccolo ma ben organizzato, l’impianto è in funzione, un forte odore di cereali ci avvolge. “La decisione di produrre birra è nata da tante motivazioni”, racconta. “Da molti anni mi occupavo di rifugiati con i Comuni di Cittareale e dell’Alta Sabina. A chi è perseguitato, a chi lascia il proprio Paese per fuggire dalla guerra e giunge da noi dopo lunghe traversie, offrivamo vitto, alloggio, corsi di italiano e un obiettivo concreto: ricostruire insieme un progetto di vita.”

Dal birrificio intanto esce un ragazzo bruno con tuta e stivaloni bianchi: è Azar, un ragazzo afghano di vent’anni che lavora qui. Azar ha lo sguardo gentile, ci saluta con un cenno del capo. Con la carriola trasporta le trebbie, i residui dei cereali utilizzati nella cotta della birra. Vengono raccolti in un rimorchio e poi ritirati dagli allevatori della zona che li daranno in pasto agli animali.

Claudio prosegue la storia di Altaquota. Nei suoi occhi c’è entusiasmo: “La priorità per i rifugiati che seguivamo con la cooperativa era trovare un lavoro. Organizzavamo corsi di formazione in varie aziende ma raramente queste esperienze si trasformavano in posti di impiego. Allora pensai all’agricoltura come a una possibile fonte di lavoro e di recupero del territorio. La prima idea fu costruire delle serre agricole che affidammo ad alcune famiglie di rifugiati a Poggio Moiano. Quando mi resi conto che ci stavamo muovendo nella direzione giusta, misi a fuoco il progetto della birra artigianale”. [continua]

Visita il sito di Altaquota.

 

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